Un rapido excursus storico sulla storia della magia e dell’illusionismo. Dalla preistoria sino all’Età Moderna, tra caccia alle streghe, rapporti con la religione e segreti di questo affascinante mondo dell’arte prestigiatoria.
Un rapido excursus storico sulla storia della magia e dell’illusionismo. Dalla preistoria sino all’Età Moderna, tra caccia alle streghe, rapporti con la religione e segreti di questo affascinante mondo dell’arte prestigiatoria.
La curiosità agli uomini del tempo sicuramente non mancava. Per la costruzione degli utensili allora si passava infatti dall’utilizzo della pietra a quello dei metalli. Ci troviamo in particolare nell’età del bronzo e del ferro quando, a giudicare da alcuni ritrovamenti di oggetti probabilmente utilizzati con finalità illusionistiche.
Si ha maggiore certezza, invece, dei ritrovamenti risalenti alle grandi civiltà del passato.
Nell’antico Egitto si usavano particolari illusioni ottiche in cui una nuvola di vapore faceva trasparire le sagome degli dei tramite un congegno simile ad una più attuale lanterna magica.
In un papiro egizio, presente al Neues Museum di Berlino, viene descritta una illusione realizzata dal mago Dedi di Dedesnefru.
In un affresco di circa 4000 anni fa, all’interno della tomba di Beni Hassan, fu scoperto un affresco di grandi dimensioni in cui sono rappresentati due giocatori con dei bussolotti.
A Roma tali giocatori/maghi, spesso di origine ebraica, venivano chiamati calcularius o acetabularius, dai sassolini e dalle coppe che si usavano nel gioco dei bussolotti.
La Bibbia cita i Maghi Gianne e Giambre (II lettera di S. Paolo Apostolo a Timoteo) e negli atti degli apostoli si parla di Simon Mago e del mago Elima.
Nell’antica Grecia i prestigiatori si chiamavano ψηϕοπαίκτης, o giocatori con sassolini (ψήϕοι), spesso ingaggiati dalle famiglie benestanti per rallegrare i propri ospiti.
Seneca parla del gioco dei bussolotti e dei prestigiatori del tempo nella XLV lettera a Lucillo.
Ateneo, nei Δειπνοσοϕιστα cita alcuni famosi illusionisti: Diopite, Ninfodoro, Senofonte e l’allievo Cretistene e gli illusionisti di Alessandro Magno (365-323 a.c.). Egli racconta anche dei prestigiatori che si esibirono alle sue nozze: Eraclito di Mitilene, Philistide di Siracusa e Scimmo di Taranto.
C’è da dire anche che, oltre a chi ne faceva un uso etico e ricreativo, diversi erano coloro (spesso sacerdoti di molte religioni) che approfittavano di tale arte per soggiogare ed incutere timore reverenziale nei propri fedeli.
Vale la pena, a questo punto, aprire una piccola parentesi storica relativa alla relazione spesso conflittuale tra illusionisti e maghi con le diverse religioni del tempo.
Già dal I secolo d.C. vi sono elementi che provano il divieto ai sacerdoti pagani di esercitare tali pratiche, considerate azioni demoniache dalle religioni dell’epoca. Fra i trucchi utilizzati vi erano la creazione di piogge di fuoco e sangue, nebbia artificiale, sparizioni e riapparizioni.
Gli imbrogli praticati nei templi pagani non sparirono nemmeno con l’avvento del Cristianesimo, ma continuarono ad essere eseguiti da prestigiatori ambulanti e giocolieri che per secoli a venire offrirono al proprio pubblico, insieme a cantastorie ed acrobati, uno tra gli intrattenimenti più graditi al popolo.
Nel Medioevo era assai rischiosa la pratica di qualunque “magia bianca”, poiché spesso equivocata con la “magia nera” e punita con pene orribili. In Francia per tre secoli a partire dal 1250 ad essi fu negato il diritto di residenza e persino nell’Inghilterra del XVI secolo (basso Medioevo) rischiavano di essere marchiati a fuoco con la lettera V (di vagabond).
L’inquisizione vietò la pratica della negromanzia con un vigore tale che tra il XVI e il XVII secolo le punizioni colpirono anche semplici prestigiatori. Bacone fu costretto a giustificarsi con le autorità, spiegando che le sue illusioni e le sue invenzioni erano il risultato di una profonda conoscenza di leggi fisiche e che nulla avevano a che fare con la negromanzia.
L’illusionismo come forma di intrattenimento iniziò ad essere accettato verso la metà del XVII secolo, in piena rivoluzione scientifica.
Un giudice di pace di nome Reginald Scott. A lui si deve la pubblicazione di “Discovery of Witchcraft” (1584), dopo aver assistito ad un processo nei confronti di una donna accusata di stregoneria. Questo, infatti, fu il primo testo a rendere pubblici moltissimi giochi di prestigio, dimostrando che le “streghe” non erano altro che capaci illusioniste che nulla avevano a che fare con la magia nera.
Nel 1584 in Francia, J. Provost pubblica “Première Parte des subtiles et plaisantes invention”, testo in cui vengono svelati diversi giochi di abilità.
In Italia, rispettivamente nel 1589 e nel 1613, tal Tommaso Garzoni pubblica “La piazza universale di tutte le professioni del mondo” e “Il serraglio de gli stupori del mondo”, in cui sottolinea che le illusioni dei maghi non fossero operazioni del maligno. Altre opere italiane del tempo sono “Nuovi giuochi di mano” (1550) di Francisco da Milano, il “Libretto de Secreti Nobilissimi et giochi con destrezza di mano” (1585) di Horatio Napolitana e i testi di Gerolamo Cardano.
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